Come potrei definire quest’anno? Un anno “sprecato”, “non-vissuto”, “faceva cagare ma ho vissuto di peggio”? Preferisco lasciarlo indefinibile.
Già gennaio è cominciato con il rischio di un nuovo conflitto, con l’Australia in fiamme e con due regioni che andavano al voto. Ovviamente parto da qui a raccontare il mio anno.
La mia regione è andata al voto riconfermando il governatore uscente dopo una campagna elettorale estenuante, in cui l’opposizione ha svolto comizi “per interposta persona” e in cui la candidata governatrice mostrava la sua inadeguatezza non appena apriva bocca. Eppure, il risultato di quella consultazione elettorale ha lasciato il segno, che ai più era chiaro già da prima: di rosso in Emilia-Romagna c’è rimasto solo il colore delle case cantoniere!
Ed io ho allora ribadito quello che era (ed è rimasto) il mio pensiero politico a riguardo: prima il Partito Democratico affronterà la sua crisi d’identità (magari espellendo quella manica di anacronistici inutili arroganti bigotti servi della Cei il prima possibile), prima si riuscirà a togliere terreno alle forze reazionarie che stanno infestando la politica italiana.
Mi rifiuto di chiamarli “sovranisti”: un termine nuovo non può mai rendere l’idea di quel che in realtà si tratta, cioè di una vecchia peste che si credeva sradicata e che invece ha trovato supporto dall’ignoranza.
Nei primi giorni d’uscita, sono andato a vedere un film – a suo modo – memorabile: Hammamet. Peccato che oltre alla bravura di Favino e ad un Piovani quasi irriconoscibile nello stile a cui sono abituato, non ci fosse la verità storica sull’esponente politico socialista nei suoi ultimi anni di vita, ma un romanzo celebrativo.
A febbraio mi son trovato a dover andare in ospedale per quella vecchia ciste che dal coccige ha continuato a gonfiarsi fino all’incisione. 20 giorni di fuoco giusto per ricordarmi il vecchio detto “anno bisesto, anno funesto”!
Ho passato San Faustino in convalescenza, di nuovo: il precedente fu nel 2012, altro anno bisestile. Mi sa che per il 2024 mi farò un’assicurazione sulla vita!
Di nuovo medicazioni, di nuovo da solo, di nuovo coi pensieri tristi in mente, e di nuovo con la convinzione che l’inverno sia una brutta, bruttissima stagione soprattutto se senza neve.
Sono rientrato al lavoro proprio il giorno in cui il panico da Covid 19 ha spinto gli italiani in una vergognosa corsa ai supermercati, scene da “black friday americano” in un altrimenti noioso, grigio e mogio, lunedì di febbraio. Ed il governo – per una volta ne imbrocca una giusta – chiede parere agli scienziati ed in seguito decide la quarantena dell’area individuata come focolaio dell’epidemia prima, e dell’intero Paese poi, con annunci televisivi fatti in tarda serata che hanno portato a scene come quelle delle stazioni meneghine prese d’assalto da chi voleva scappare al sud (dopo aver riparato al nord). Il disgusto che ho provato a vedere quelle immagini, non lo dimenticherò mai e non mi vergogno di dirlo: la maggior parte di quelle persone – a cominciare da quello che dichiarava di sentirsi “un profugo” – spero sia sepolta dalla vergogna!
Ed è così che il mese di marzo è andato avanti, con una quarantena con autocertificazioni che cambiavano dalla sera alla mattina e con le opposizioni che continuavano a fare l’unica cosa che sanno fare: campagna elettorale becera, dividendo il Paese e rendendolo ancora più vulnerabile.
E un’altra cosa devo dire: non ho mai avuto stima del Presidente del Consiglio, mai mi sarei aspettato di quasi lodarlo per il comportamento che ha adottato in quei frangenti.
Per non parlare poi di quando ha letteralmente (e finalmente, aggiungerei) sputtanato due leader dell’opposizione che mettevano zizzania (solo quello sano fare) diffondendo notizie false sul MES – il fondo “salva Stati” che esiste dal 2011 – poco prima di Pasqua.

Pasta al forno con striscioline di mortadella e caciocavallo silano, gratinata con formaggio parmiggiano-reggiano.
Nella “Pasqua ai tempi della quarantena”, mi sono permesso l’ultimo pasto in grande delle feste: una teglia di pasta al forno ed una pirofila di gatò di patate con tacchino! Cibo che mi è durato tre giorni e che credo non farò più. Perché altrimenti, non dimagrisco neanche coi miracoli, ma soprattutto, non mi soddisfa più cucinare piatti elaborati per portare avanti una tradizione quando sono sempre più da solo, soprattutto quando si tratta poi di mangiarli. Certo, non rinuncio alla mia “fornelloterapia” che rimane una valvola di sfogo abbastanza ottima ed efficente.
Per prima cosa ho cominciato a bollire le patate e mentre queste erano sul fuoco, preparavo i formaggi da tagliare a fette e dadini, la mortadella a striscioline, e prendevo la teglia per la pasta al forno e la pirofila per il gatò di patate alla mia maniera.
Scolate le patate e lavate subito le pentole, ho messo su l’acqua per la pasta e in un’altra pentola, il soffritto con la cipolla rossa di Tropea che non può mancare nei miei piatti della festa e poi il ragù, nel frattempo ho schiacciato le patate nella pirofila, poi ho sistemato le fette di arrosto di tacchino e di formaggio, e sopra ancora altre patate schiacciate e salate a dovere. Scolata la pasta al dente, e chiuso il fuoco al ragù, mescolo le due cose nella teglia unendo le strisce di mortadella stando attento a non romperle e riscaldando il forno a 200° C.
Infornate entrambe le portate, lascio la pasta per 30 minuti per poi tirare fuori la teglia, versare due uova con pan grattato e formaggio sulla pasta e rimetterla in forno per altri 15/20 minuti e dopo, spegnere il forno. Il mio speciale gatò di patate invece risposa dentro il forno dall’inizio fino alla fine, in modo da fare sopra una crosta non troppo morbida né croccante, e per fondere bene bene il formaggio.
E ci voleva una pandemia per rimanere a casa il 25 aprile!
Il 75° anniversario della Liberazione dal nazifascismo è stata celebrata in una maniera davvero inedita. A parte le autorità locali, la foto emblematica di questa giornata è quella del Presidente della Repubblica, solo, all’Altare della Patria…
…e poi i curiosi flash mob sul balcone, in cui alle 15 si cantava uno degli inni partigiani più conosciuti se non quello per antonomasia: Bella ciao!
Nel mio condominio ero l’unico a cantarla sul balcone, accanto al mio tricolore esposto già da fine marzo, ma sentivo altre donne e uomini sul balcone a cantare la stessa canzone, poche e pochi per essere Reggio Emilia, o almeno, per essere quella Reggio Emilia che ho conosciuto 13 anni fa.
La cosa ha preso una piega quasi comica quando un vicino non identificato, che aveva messo l’inno nazionale a tutto volume dopo “Bella ciao”, ha continuato a far sentire al vicinato (nell’ordine): la fanfara dei bersaglieri, altri due canti partigiani, e poi la prima sorpresa… “Romagna mia” tanto che mi stavo chiedendo se fosse anche quella un brano partigiano e magari non lo sapevo, ma poi è andato avanti con “funiculì, funiculà” e “vitti ‘na crozza”! Quando fu la volta di “O mia bela madunina” forse si è accorto che la playlist di Youtube l’aveva fregato e ha staccato tutto! Quanto ho riso sul balcone!!!
Una replica simile è stata il 1° maggio, passando il pomeriggio sul balcone con la finestra aperta a fare corrente, una piacevole brezza, il thè al bergamotto, qualche telefonata con qualche amico. E in fondo, purtroppo, quella malinconia che mi porterò appresso per tutta la vita.
Quel giorno, è stato più un giorno di meritata quiete, piuttosto che di festa.
La quiete prima della tempesta!
Il tanto atteso 3 maggio arriva portando con se la fase 2 e mentre i social ironizzavano sul fatto che fosse simile alla fase precedente, in molti erano furiosi: categorie intere di lavoratori erano costretti ad attendere ancora, i più fortunati il 18 maggio e gli altri, addirittura il 1° giugno! Di li a dieci giorni circa, si decise di lasciar svolgere le messe cattoliche dopo il 18. Che rabbia! Lavoratori ancora in casa, spesso senza adeguati aiuti, ed invece di occuparsi di loro, il Governo concedeva la passerella domenicale a “presunti cattolici” che in realtà altro non sono che stupidi arroganti anacronistici inutili ipocriti bigotti! E a commentare con loro ogni ragionevole opposizione alla celebrazione delle messe (era troppo presto) davano addosso con quel loro fare arrogante ed irritante, e devo ammetterlo, sono riusciti a tirar fuori il peggio di me!
Oh, lo davo per scontato che questa pandemia avrebbe tirato fuori il peggio della gente di questo Paese ma non mi aspettavo che avrebbe tirato fuori anche il peggio di me!
Per pietà del mio fegato, non sto ora qui a riprendere le riflessioni fatte e a cui hanno risposto in modo che, se fossimo in un Paese civile, sarebbero stati interdetti seduta stante, ma sentire cose del tipo “come si può andare al supermercato si può andare anche a messa” o chiedersi “perché tanta acredine verso i cattolici”, per non parlare della “libertà di culto” fino a ripescare e buttare nel mucchio la buonanima di Aldo Moro, beh… andiamo per ordine:
- al supermercato ci vai a rifornirti di cibo, e a meno che non hai una fattoria, del supermercato ne hai bisogno, della messa dove fare la passerella per mangiare l’ostia data dal prete, anche no!
- la carta del “vittimismo” dei cattolici è quella che mi fa alzare la pressione, per vari motivi, innanzitutto, quelli che si definiscono con tanto fervore cattolici non sono affatto cattolici, cioè universali, no, sono una manica di prepotenti che brandendo una croce ed un rosario pretendono di essere al di sopra di tutti! Senza contare delle sopraffazioni che questi “cattolici” hanno compiuto nel corso dei secoli: dalla distruzioni delle ultime testimonianze delle civiltà antiche (buona parte delle opere dentro il Partenone erano sopravvissuti perfino ai romani) alle guerre scatenate per motivi economici e di potere (crociate in primis), dalla fornitura di sacre giustificazioni a pratiche come la schiavitù ed il massacro di popolazioni indoamericane e africane, all’ostacolamo del libero progresso civile e di pensiero (l’abiura di Galilei, giusto per citarne uno), senza dimenticare il sostegno morale (e non solo morale) spesso e volentieri dato a dittature fasciste e parafasciste in tutto il mondo, e alla lotta contro diritti quale l’emancipazione della donna, il divorzio, l’interruzione volontaria di gravidanza, e ancora, la loro lotta contro i diritti delle persone omosessuali e al riconoscimento giuridico della piena eguaglianza dei loro rapporti! E loro fanno le vittime?? Che faccia tosta!!
- la “libertà di culto” riguarda tutti i culti non solo quello cattolico romano, eppure loro sono i primi a ribadire questo diritto fondamentale soprattutto per impedire l’effettiva laicità dello Stato italiano, e magari anche contro altre confessioni religiose. Tirare in ballo questo diritto per questi scopi, lo trovo stomachevole.
- “Aldo Moro” citato a sproposito (e spesso per offendere paragonando i laici alle Brigate Rosse) era un galantuomo con una profonda fede cristiana ed era anche un uomo di Stato conscio dei suoi limiti: dopo il referendum del 1974, dubito proprio che si sia espresso pubblicamente e con tanta veemenza per abrogare lo stesso l’istituto giuridico del divorzio. Giusto per fare un esempio dell’abissale ed incolmabile distanza fra lui e coloro che lo citarono in queste “occasioni”.
Il 9 maggio si è celebrata la “Giornata dell’Europa“ che ricorda la Dichiarazione Schuman di 70 anni fa, primo mattone della costruzione della comune casa europea, un continente Unito ed in Pace, il cui cammino non è stato certo privo di ostacoli ma che deve andare avanti. Ed è stato impietoso leggere commenti che hanno deturpato le celebrazioni di quella giornata, quanta ignoranza e quanto disprezzo per qualcosa che li sta salvando da un destino ben peggiore. Certo, l’Unione va migliorata, ma non distrutta, affatto!
Ho messo la mia bandiera dell’Unione sul balcone e ce l’ho ancora li, nonostante siano passati più mesi.
E nello stesso mese, son riuscito finalmente a fare un paio di lavori in casa: l’allaccio della lavastoviglie (che non c’era proprio) e il cambio della rubinetteria del bagno, che purtroppo andava fatto.
Quando comprai gli elettrodomestici due anni fa, la lavastoviglie era in offerta e ne approfittai, pensando che mi sarebbero comunque rimasti i soldi per fare un allaccio senza spaccare muri e mattonelle, ma quei stessi lavori li ho dovuti rimandare a seguito di altre spese impreviste e tra la vita quotidiana con i suoi ritmi frenetici, ed il tempo che vola, rimanda rimanda, son passati due anni ma alla fine ce l’ho fatta e ne sono soddisfatto.
La rubinetteria del bagno invece è stato un lavoro all’inizio non previsto. Quando si ha un fastidio o un problema particolarmente irritante, lo si paragona ad una lavatrice rotta nel week-end, ecco, io invece adesso uso come metro di paragone “il gruppo doccia rotto in piena quarantena da pandemia!”
Ed è così arrivato giugno con alcune attività ripartite prima del previsto e con la polemica delle vacanze nei Paesi stranieri, polemica inutile cavalcata da quella politica fatta da ignoranti per ignoranti. Un brutto capitolo da dimenticare! Anzi, più che “brutto”, il termine migliore è “penoso”! Sono riuscito a passare il 2 giugno a casa e anche se non c’era la tradizionale parata militare su via dei fori imperiali, e mi sono dedicato alla mia fornello-terapia, visto che quest’anno non sono riuscito a fare vacanze all’estero.
Anzi, in una telefonata alla famiglia, mio padre mi ha anche chiesto quando scendevo giù, e rispondergli “forse a settembre” è stato un pugno allo stomaco. Per andare dai miei devo prendere il treno notturno e la paura di beccarmi il coronavirus sul treno e poi trasmetterlo al resto della famiglia, beh… …già a ripensarci mi viene una terribile emicrania! Senza contare l’annoso tema del mio coming out. Ogni volta che sfioro il tema per tastare il terreno, rilevo un clima molto ostile, e non ho più le energie per contrastarlo, il coraggio di affrontarlo, e le spalle sufficientemente larghe per reggere questo fardello.
Ogni cosa che ho fatto, ogni lotta che ho intrapreso, ogni difficoltà affrontata, con gran fatica, sembra quasi niente in confronto a questo. Soprattutto quando mi sento così solo.
La mia colpa è stata quella di aver indugiato in passato, in ogni scelta, quasi tutte sbagliate e che in questi anni non hanno fatto altro che peggiorare le mie condizioni. È stato uno shock rendermi conto che erano passati 20 anni dal mio primo amore.
fine prima parte